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Full imersion di scrittura

Cari amici del blog,

buongiorno! E siamo ad Aprile e va be’ a parte che non si capisce bene ancora se è arrivata l’estate o siamo in inverno (fa un po’ caldo e un po’ freddo, infatti ho preso il raffreddore), ieri che era “pasquetta” ho fatto una full immersion di scrittura, anche se sarebbe meglio definirla “una grande abbuffata” (pazza!). Sì… invece e appunto di abbuffarmi di cibo, ieri sono stata tutto il giorno a scrivere. Ho giusto staccato per il pranzo, qualche volta per andare in bagno, e la sera per buttare la spazzatura. Quindi sì oggi sono super stanca. A parte per il cambio dell’ora (destabilizzante!), poi mi sono trattenuta su youtube per ascoltare un po’ di musica fin quasi le tre del mattino (pazza bis). In realtà la cosa non era né fine a se stessa né per diletto. Cercavo qualche musica che ispirasse il prossimo paranormal che scriverò (invero l’ho già iniziato a scrivere), ma, alla fine, non ho trovato nulla. Anche se ascoltare qualche bella canzone mi ha permesso di piangere un po’ e riflettere.

Comunque, immagino che vi domanderete cosa mi ha tenuta incollata tutto il giorno a riempire le pagine bianche del mio file di parole. Ho terminato di scrivere il secondo libro, episodio sul Commissario Peterson, ovvero “Sa chi sono“. Devo essere sincera: non amo molto i gialli, eppure, chi sa per qualche arcano motivo, mi viene semplice scriverli. Bah! Non so se mi devo preoccupare per questo mio aspetto oppure esserne contenta. Vi giuro… ieri l’ho scritto quasi come se fosse sotto dettatura, molto ispirata. Infatti, scrivevo con foga e mi mangiavo quasi le parole pur di scrivere il più in fretta possibile.

A quasi fine giornata ho realizzato che essendo un lungo racconto avrei potuto finirlo in giornata. Ecco perché poi ho scritto ore e ore ininterrottamente. Et voilà. Detto e fatto. Alle circa 23 scrivevo la parola “fine” al mio racconto giallo di quasi 120 pagine in A4. Ovvio che ancora non sia pronto, ho scritto senza rileggermi, quindi ora mi tocca rileggere almeno un paio di volte il manoscritto per raddrizzare il tiro, e poi consegnarlo nelle mani sapienti della mia editor. Però diciamo il più è fatto!

A tal proposito mi preme fare una piccola precisazione/digressione. Forse molti di voi avranno notato che scrivo e che pubblico molto. Quindi, qualcuno potrebbe pensare: tanti libri, scarsa qualità. Eh no, cari miei, non funziona così, non con una che nel passato perché nessuno le ha insegnato nulla, ha compiuto tanti errori.

E’ vero da autrice indipendente non ho una cerchia di editor, come nelle grandi Case editrici, che si occupa di sistemare bene il mio testo. Purtroppo le mie risorse finanziarie non mi permettono di avvalermi di più figure professionali, tuttavia ai miei romanzi o lunghi racconti siano io ci lavoro! Ci lavoro perché essendo disoccupata ho tutto il tempo possibile e immaginabile per dedicarmi alla scrittura, ci lavoro perché rispetto quei lettori che spendono i loro soldini per leggermi; presentare un lavoro sciatto o poco curato non è corretto nei confronti di chi ha investito quei 15€ che aveva guadagnato con il sudore della propria fronte e ha preferito magari leggere una mia storia a una più blasonata.

E per dirvi quanto io ci tenga e sia dunque pignola a parte che richiedo sempre alle editor un editing approfondito che costa molto di più di editing leggero, ma rasento quasi l’isteria quando lavoro in sinergia con il lavoro di correzione. Non a caso capita che mi pizzico con le mie editor perché sono molto esigente nel momento della correzione del testo.

Tutto questo per ribadire un solo concetto: nel mio piccolo personalmente ci metto tutto l’impegno possibile per immettere sul mercato un prodotto che sia fruibile per i lettori. Tant’è che curo anche che la cover sia esteticamente accattivante e così l’impaginazione sia gradevole per un’esperienza di lettura che dovrebbe sapere come di coccola per il lettore. Cioè cerco di curare ogni aspetto del libro, affinché non sia solo una scelta del lettore, ma anche una gioia per lui acquistarlo e tenerlo tra le mani.

Indubbiamente non scrivo storie impegnate (solo storie di mera evasione), quindi probabilmente questa leggerezza nelle mie storie magari semplifica un po’ la vita, ma, ripeto, non per questo ci metto meno dedizione. E’ chiaro che un team ridotto di professionisti non produce come un team folto. Ma non sono una Casa editrice big, non ho la loro stessa forza per poter far di più come vorrei.

L’importante è, lo ripeto, che nel mio piccolo io abbia con me stessa la coscienza a posto per aver fatto tutto il possibile per realizzare un buon prodotto. Poi se la storia piace o no, questo è soggettivo; oppure se tornano graditi i personaggi… Ci tenevo a fare questa precisazione perché sulla nuova edizione di “Se solo i tuoi occhi…” ho davvero sgobbato! Ci ho messo un lavoro matto e disperatissimo (come disse il Leopardi).

L’altra sera, quindi a distanza di tempo, ho riletto un po’ il romanzo. Devo ammette che si vede (per fortuna!) il mio impegno per migliorare lo scritto. La domanda è: potevo ottenere risultati migliori? Ovvio che sì. Allora l’altra domanda è: Ce l’ho messo tutto il mio impegno possibile e immaginabile per rendere il mio libro fruibile per il mercato? Perfetto, allora “amen, sorella. Va’ in pace”.

Davvero… voi magari vi approcciate che so con superficialità al testo, ma non potete immaginare quanto lavoro di rifinitura c’è dietro. Quindi (questa è una raccomandazione), quando fate una recensione negativa perché magari qualcosa non vi è piaciuta del romanzo self che avete letto, tenete in considerazione tutti i parametri. Il romanzo non è fatto solo “di storia e personaggi”, ma anche di dialoghi, descrizioni, scelte linguistiche, scrittura, scelte stilistiche, etc.

Che so magari un autore self non ha fatto centro con la storia, ma è riuscito lo stesso, attraverso i dialoghi, a lasciarvi qualche bella frase, qualche pensiero profondo. E ditelo! Non serve solo come incoraggiamento, ma almeno chi scrive un libro comprende quali aspetti attenzionare nella propria scrittura per migliorarsi.

Lo so… il talento non si insegna o ce l’hai o sei solo uno che annaspa nell’acqua con la speranza di emergere nonostante tutto. Ma questo vale soprattutto in altri campi artistici. La scrittura è un mix di talento, immaginazione, tecnica, buona padronanza della lingua, possedere un vocabolario forbito. Il talento da solo non basta senza conoscere le tecniche narrative.

Non a caso in America, gli scrittori, molti scrittori, vengono formati dalle scuole di scrittura che hanno. Qui da noi c’è stato il boom in questi ultimi anni, ma, se non erro, in America hanno proprio un corso di studi universitario che forma chi ama scrivere. Forse un tempo andava bene non avere tecnica nella scrittura, ma i tempi cambiano, ci si evolve. Mettere ordine alle idee con cognizione di causa ha il suo perché.

Mi scuso se magari vi ho tediato con le mie digressioni, ma purtroppo sono stata vittima (e non esagero) di lettori che con grande superficialità e fingendo di saperne più di me hanno infarcito le recensioni di paroloni senza poi magari sapere cosa stavano scrivendo in italiano, in recensioni negative che mi denigravano.

Non cerco l’elogio a tutti i costi e per questo non mi sono arresa e ho continuato il mio percorso autoriale, mi sono rimboccata le maniche senza piangermi ulteriormente addosso, ma non vi rendete i danni che fanno le vostre parole espresse senza cognizione di causa.

Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi, scolpitelo anche voi nelle vostre menti.

Grazie e alla prossima!

Teresa